Mentre si parla di transizione ecologica, rinnovabili ed economia circolare permangono ancora sussidi ambientalmente dannosi (SAD) che costano all’Italia ben 34,6 miliardi l’anno.
Si tratta di sussidi statali che finanziano attività e progetti inquinanti e dannosi per il clima globale. Sono ormai diversi anni che si discute sulla loro abolizione ma ad oggi non si è fatto ancora abbastanza. Lo testimonia il costo annuale dei SAD per Stato italiano. Dal 2019 al 2020 la riduzione di questi incentivi ambientalmente deleteri è stata appena percettibile: da poco meno di 35,7 miliardi di euro ai già citati 34,6 miliardi di euro all’anno.
Così non è abbastanza. È inaudito che, mentre tutto il sistema Italia prova faticosamente a cambiare per soddisfare le richieste dell’Unione Europea in materia di ambiente ed energia, quasi 35 miliardi l’anno siano assegnati a quei settori che rappresentano la causa del riscaldamento climatico.
Questo quadro problematico emerge dal rapporto di Legambiente “Stop sussidi ambientalmente dannosi” pubblicato due giorni fa. I SAD, contrariamente a quanto si possa pensare, non sono destinati solo al settore energetico, quello delle fonti fossili, ma toccano anche il settore dei trasporti, quello dell’edilizia, i canoni e il settore agricolo.
Analizziamoli più in dettaglio
I SAD contro la transizione ecologica : non solo fonti fossili
I sussidi ambientalmente dannosi in Italia comprendono 51 voci, tra sussidi diretti e indiretti. Secondo quanto affermato da Legambiente nel rapporto “Stop sussidi ambientalmente dannosi”, una buona parte dei SAD potrebbe essere già abolita nel 2025. Liberando i fondi ora destinati alle fonti fossili e al capacity market per le centrali a gas, si otterrebbero circa 18,3 miliardi che potrebbero poi essere reinvestiti nel processo di decarbonizzazione.
Entrando più nel dettaglio, il settore dell’energia si pone come il più impattante. Sono 12,9 i miliardi di euro che assorbe grazie a sussidi diretti e indiretti, per lo più destinati al comparto degli idrocarburi. Parliamo di riduzione dei prezzi, agevolazioni IVA, CIP6, fondi pubblici per la realizzazione di infrastrutture e, soprattutto, incentivi per le trivellazioni che costano 498,94 milioni di euro all’anno.
Dopo gli idrocarburi viene il settore edilizio, tanto importante per la transizione energetica quanto sussidiato dai SAD: un totale di 1.147,8 i milioni di euro all’anno. All’edilizia seguono i trasporti con 16.600 milioni di euro e il sostegno alle centrali a gas garantito dal meccanismo del Capacity market che assorbirà circa 15 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi all’anno per i prossimi 15 anni.
Se l’intenzione dello Stato è quella di agevolare la transizione ecologica e l’abbandono dei combustibili fossili, allora una delle priorità dovrebbe essere la re-destinazione dei SAD all’innovazione sostenibile e all’energia pulita. E chissà che l’imminente Cop-26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, possa partorire un impegno concreto in questa direzione.
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