Chi ha mai sentito parlare di pompaggio idroelettrico? La transizione energetica è un tema caldissimo di questi tempi e al centro dell’attenzione figurano sempre fotovoltaico, eolico e idrogeno.
L’idrogeno è la tendenza del momento e molte speranze sono riposte nelle sue potenzialità di stoccaggio al lungo termine dell’energia rinnovabile.
Questo perché le tecnologie di accumulo non sono ancora abbastanza efficienti da garantire l’apporto di elettricità nei “periodi morti” delle rinnovabili.
Si tratta, infatti, di fonti intermittenti che producono enormi quantità d’energia ma non in modo costante.
Ecco perché è fondamentale stoccarla per poi utilizzarla quando serve.
L’idrogeno prodotto attraverso il processo di elettrolisi grazie all’energia rinnovabile diventa così energia stoccata a lungo termine.
Una soluzione ideale ma che comporta una dispersione d’energia: solo il 40% è effettivamente utilizzabile.
Perché parliamo di idrogeno in un articolo sull’idroelettrico? Ve lo spieghiamo subito.
Il potenziale dell’idroelettrico in Italia
In Paesi poco montuosi come Germania e Gran Bretagna, ad esempio, lo stoccaggio dell’energia nell’idrogeno è ad oggi la soluzione migliore.
Ma che dire di Paesi con estese catene montuose come l’Italia?
Nel nostro caso esiste una soluzione più semplice ed efficiente per stoccare l’energia: il pompaggio idroelettrico.
Questo sistema, infatti, permette di avere una resa doppia rispetto al ciclo dell’idrogeno: l’80% contro il 40% (senza recupero del calore di conversione).
Secondo uno studio di Matthew Stocks, della Australian National University, nel mondo esistono più di 616mila località adatte alla costruzione di impianti di pompaggio idroelettrico a circuito chiuso.
Si tratta di impianti costituiti da due bacini, posizionati a un dislivello di almeno 100 metri uno dall’altro, tra i quali fluisce acqua allo scopo di accumulare energia.
Il potenziale di accumulo totale stimato è di 23.000 TWh l’anno, sufficiente a immagazzinare tutta l’energia elettrica prodotta nel mondo.
Per quanto riguarda l’Italia gli impianti esistenti sono di appena 8 GW (quasi tutti nel nord), una frazione del potenziale esistente.
Come funziona
Come anticipato poc’anzi, questi sistemi di pompaggio idroelettrico si basano sul travaso di acqua tra due serbatoi posti a quote diverse.
Viene utilizzata energia a basso costo (acquistata nelle ore notturne) per pompare l’acqua al serbatoio superiore grazie all’impiego di turbine reversibili.
Poi, nei periodi di picco della domanda, si produce energia facendo fluire l’acqua verso il basso e azionando delle turbine.
Dal punto di vista economico, questo processo è conveniente solo grazie al fatto che l’energia spesa per pompare l’acqua è stata acquistata sottocosto.
Utilizzando, invece, energia rinnovabile prelevata nei periodi di picco, si può stoccare questa energia a lungo termine.
Ad esempio, con l’elettricità in eccesso prodotta da un impianto fotovoltaico si può pompare acqua da un bacino a un altro a quota più elevata.
Poi, quando quell’energia sarà richiesta, la si potrà riconvertire in elettricità rilasciando l’acqua e facendo così girare le turbine.
Il futuro del pompaggio idroelettrico
Ad oggi, gli investimenti sono concentrati nel settore dell’idrogeno, forse perché l’industria dei combustibili fossili può impiegare per l’idrogeno le stesse infrastrutture che distribuiscono il metano.
Di conseguenza, puntare sull’idrogeno permetterebbe alle grandi compagnie di ammortizzare meglio la transizione energetica.
Sembra proprio che il pompaggio idroelettrico resterà ignorato ancora a lungo e per l’Italia sarà l’ennesima occasione non sfruttata.
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