Le coste italiane, con i loro 8000 chilometri, possiedono un potenziale enorme: una quantità incalcolabile di energia marina ancora tutta da sfruttare.
L’energia marina è rappresentata dai perenni movimenti di acqua generati da onde e maree, ma anche da differenze di concentrazione salina e differenze di temperatura.
Il mare è in continuo movimento e produce costantemente grandi quantità di energia cinetica, che tramite tecnologie apposite, può essere convertita in energia elettrica.
Si tratta di una fonte d’energia totalmente rinnovabile, grazie agli spostamenti perenni dell’acqua, ed ecologica, perché non produce emissioni di anidride carbonica né di altre sostanze di scarto.
I dubbi sulle tecnologie mareomotrici sono prevalentemente legati ai costi degli impianti, e soprattutto, a quelli di manutenzione. Gli impianti, infatti, vanno incontro a una progressiva erosione causata dall’azione dell’acqua salata e la loro manutenzione rimane piuttosto complessa e costosa.
Nonostante queste difficoltà, i progetti e gli investimenti nel settore stanno aumentando, sia in Europa che nel nostro Paese. Ne parliamo nel prossimo paragrafo.
Energia marina: i progetti in Italia
In Italia i finanziamenti pubblici al settore dell’energia marina sono consistenti da tempo, tanto che a livello europeo il nostro Paese risulta secondo solo al Regno Unito.
Inoltre, l’Italia è una tra le sole 6 nazioni europee che hanno messo in atto politiche specifiche per lo sfruttamento di questa risorsa pulita e rinnovabile.
Sono vari i progetti in corso:
- il REWEC3 dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria
- l’ISWEC, il risultato di una fruttuosa collaborazione tra diversi dipartimenti del Politecnico di Torino
- KOBOLD, la turbina ad asse verticale creata dalla società Ponte di Archimede con l’Università Federico II di Napoli
- GEM, la turbina marina ad asse orizzontale anch’essa risultato del lavoro dell’università campana in collaborazione con il Parco Scientifico e Tecnologico del Molise.
Sono molti gli impianti, i progetti e soluzioni tecnologiche proposte per sfruttare la copiosa energia di onde e maree delle coste italiane, ma purtroppo si tratta in quasi tutti i casi di progetti sperimentali o a scopo dimostrativo.
Che cosa manca, allora, per portare l’energia marina sul mercato e renderla competitiva?
La sfida: ridurre il costo dell’energia marina
Il gruppo di lavoro Ocean energy Implementation, una task force a cui partecipano 14 Paesi dell’Unione Europea, è stato creato per definire la direzione che sta intraprendendo il settore energetico marino e favorire azioni concrete.
Ognuno dei Paesi partecipanti dovrà mettere in atto una valutazione a livello nazionale delle nuove tecnologie offshore. Lo scopo? Constatare lo stato di avanzamento dei progetti in corso e valutarne vantaggi e ostacoli alla realizzazione.
La vera sfida del Gruppo Ocean energy Implementation è ridurre il costo livellato dell’energia (o LCOE, indice che misura la competitività delle tecnologie di generazione di energia elettrica, in base alla tipologia di fonte energetica e alla durata media degli impianti).
L’obiettivo è di limitare il LCOE degli impianti a flusso di marea a 0.15 €/kWh entro il 2025 per poi raggiungere i 0.10 €/kWh nel 2030.
Il LCOE delle centrali che utilizzano l’energia del moto ondoso si prevede che scenda a 0.20 €/kWh entro il 2025, a 0.15 €/kWh entro il 2030 e, quindi, a 0.10 €/kWh nel 2035.
Le prospettive future nella UE
Secondo i programmi dell’Unione Europea il settore dell’energia marina dovrà crescere fino a raggiungere una capacità installata sul territorio europeo di 100 MW entro il 2025, per poi toccare 1 GW entro il 2030 e 40 GW nel 2050.
La costa atlantica, per ovvie ragioni, risulta essere quella con le maggiori potenzialità energetiche ma anche quelle del Mar Mediterraneo non sono da sottovalutare.
In Italia, ad esempio, secondo i dati di Enea, le coste occidentali della Sardegna e il Canale di Sicilia spiccano tra le aree con il più alto potenziale di energia marina.
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