Continua l’impegno dell’Unione Europea contro il riscaldamento globale: il nuovo passo verso un continente a impatto ambientale zero è il pacchetto “Fit for 55”, approvato qualche giorno fa.
Il pacchetto contiene una serie di proposte direttive, regolamenti e iniziative che hanno l’intento di coinvolgere tutti i settori dell’economia affinché contribuiscano agli obbiettivi stabiliti dalla legge europea sul clima.
Vale la pena di ricordarli:
- Riduzione del 55% delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea entro il 2030
- Raggiungimento delle “zero emissioni nette”, la cosiddetta neutralità climatica, entro il 2050
Si tratta di obbiettivi ambiziosi ma pienamente realizzabili e, soprattutto, assolutamente necessari e non prorogabili ulteriormente.
La Commissione Europea ha messo in conto che nell’Unione gli investimenti complessivi che dovranno essere fatti entro l’anno 2030 supereranno i 3.500 miliardi di euro, dei quali più 600 miliardi interesseranno l’Italia.
Appare subito chiaro che si tratti di un piano senza precedenti che forzerà il nostro Paese, come tutti i Paesi UE, ad abbandonare il dibattito ormai sterile sugli obiettivi e dedicarsi all’attuazione di soluzioni concrete.
Tutto ciò senza mettere a rischio la stabilità del sistema economico di ciascun Paese e quello delle imprese e sfruttando le potenzialità di occupazione e sviluppo portate dalla green economy.
Vediamo ora nel dettaglio gli interventi che prevede il nuovo pacchetto legislativo Fit for 55 nei vari ambiti.
Infine, riporteremo i giudizi poco entusiastici delle associazioni ambientaliste su questo pacchetto di interventi, considerato dalla UE decisivo per la transizione ecologica e la lotta al cambiamento climatico.
Il pacchetto legislativo Fit for 55 in cifre
Fit for 55 interviene su un ampio ventaglio di settori. Prima di tutto, vi troviamo una stretta sulle emissioni di CO2 per i settori dell’industria e dell’energia coperti dal mercato UE delle emissioni di carbonio, o ETS.
La riduzione richiesta sale dal 41% al 61% entro il 2030 rispetto al 2005. Inoltre, i permessi di emissione gratuiti, concessi all’aviazione e agli operatori marittimi, saranno eliminati.
Infine, il regime ETS sarà applicato anche ai trasporti, sia su strada che via mare.
Anche i target nazionali di riduzione delle emissioni saranno incrementati. Gli obbiettivi per i settori dell’agricoltura, dei trasporti e degli immobili saliranno da 29% a 40% (da 33% a 43,7% per l’Italia).
L’impegno sulle emissioni degli stati membri non finisce qui: tutti gli stati condivideranno la responsabilità della cattura della CO2 dall’atmosfera. In questo caso l’obbiettivo è a livello UE e consiste in una riduzione di 310 milioni di tonnellate di anidride carbonica entro il 2030.
Dal 2026, poi, entrerà in vigore una carbon tax. Attraverso il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (CBAM) sarà applicato il prezzo del carbonio del mercato UE alle importazioni di ferro, acciaio, alluminio, cemento, elettricità e fertilizzanti.
Nell’intento di compensare le emissioni, il pacchetto prevede anche il rimboschimento del territorio dell’Unione con la piantumazione di 3 miliardi di alberi entro il 2030.
Ancora nel settore dei trasporti, è stato inserito il divieto di vendita delle automobili a benzina e a diesel al 2035, con l’intento di sostituire gradualmente tutti i mezzi privati inquinanti con modelli elettrici.
Per favorire questa transizione, nel pacchetto è stata inserita anche installazione di colonnine di ricarica, ogni 60 km per l’elettrico e ogni 150 km per l’idrogeno entro il 2025, che fungano da infrastruttura di supporto.
Per quanto riguarda i trasporti aerei, la Commissione è intervenuta sui carburanti: i jet dovranno impiegare un blend di carburanti sostenibili fino al 63% (entro il 2050). Mentre per le navi che fanno scalo nei porti europei, è previsto un tetto massimo per i gas serra contenuti nei carburanti.
È stato previsto, inoltre, un fondo per il clima finanziato dai proventi del mercato del carbonio. Parliamo di 70 miliardi di euro in 7 anni che potrebbero essere reinvestiti dalla UE per finanziare al 50% incentivi all’acquisto di veicoli ecologici e la riqualificazione energetica degli edifici.
E restando nel settore dell’edilizia, spunta anche l’obbligo per il settore pubblico di riqualificare almeno il 3% dei propri edifici ogni anno.
Infine, nell’ambito del fisco, la tassazione si baserà sul contenuto energetico dei combustibili e non più sui volumi. In questo modo, l’energia elettrica si troverà favorita sui combustibili fossili: la tassazione minima sulla benzina salirebbe, infatti, da 0,359 € al litro a 0,385 € al litro, mentre quella sul gasolio da 0,330 € al litro a 0,419 € al litro. Al contrario la tassazione minima sull’elettricità calerebbe da 1 €/MWh a 0,59 €/MWh.
Per gli ambientalisti il Fit for 55 non è sufficiente
Le più importanti associazioni ambientaliste, da Greenpeace UE a Legambiente a WWF Italia, hanno subito bollato il pacchetto Fit for 55 come insufficiente per raggiungere gli obbiettivi minimi richiesti dalla crisi climatica.
Mancano, affermano, provvedimenti radicali. Secondo Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, la riduzione delle emissioni del 55% non è abbastanza a contenere l’aumento delle temperature medie ai 1,5 gradi centigradi previsti dall’accordo di Parigi. L’Europa deve alzare l’asticella fino al 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Il direttore di Greenpeace UE Jorgo Riss, invece, ha sottolineato che provvedimenti come il divieto di vendere automobili a benzina e diesel dal 2035, non sono abbastanza incisivi perché entreranno in vigore troppo tardi.
La sensazione è che la Commissione abbia fatto un passo importante nella direzione giusta ma che il pacchetto Fit for 55 non rappresenti la soluzione definitiva alle sfide che impone il cambiamento climatico.